Con una veste editoriale rinnovata Antonio Diana ci affida questo suo quinto volume della collana “Il tempo della memoria”, col quale intende colmare la scarsità di studi sull’isola dell’Asinara relativi al XVIII secolo. Attraverso l’analisi di documenti dell’epoca, rinvenuti grazie ad una attenta ricerca in diversi archivi isolani, condotta dall’autore in la collaborazione di alcuni studiosi, ci presenta un quadro essenziale sia delle congiunture politiche di quel secolo che delle condizioni spirituali e stati sociali degli isolani, delle disavventure degli assegnatari i fratelli Velixandre e l’infeudazione dell’isola al marchese di Mores. Il quadro storico ha come fulcro privilegiato gli abitanti dell’isola – pastori di pecore, capre, vacche, e allevatori di cavalli e porci – appartenenti ad alcune famiglie nobili residenti a Sassari oppure pescatori stagionali napoletani e genovesi.
L’attenzione di Antonio Diana è rivolta in particolar modo verso i primi evidenziando non solamente le loro miserevoli condizioni, altresì puntualizzando il loro stato di instabilità nel territorio dell’isola. Di fatto i pastori avevano un’abitazione fissa a Sassari e vi si recavano in diversi momenti dell’anno per celebrare il loro matrimonio, in occasione della nascita dei propri figli e per l’amministrazione del loro battesimo, per adempiere al precetto pasquale oppure per consentire ai figli, ormai cresciuti, la partecipazione all’insegnamento della dottrina cristiana presso il loro parroco, in modo da essere ben preparati per ricevere il sacramento della confermazione. Sarebbe stata questa la ragione per la quale l’arcivescovo turritano Carlo Casanova non cedette alle insistenze del vice re di inviare un parroco stabile nell’isola. Le condizioni già tristi dei pastori isolani peggiorarono nel momento in cui Carlo Emanuele III, con diploma regio del 1768, concesse ai fratelli Velixandre di istituirvi una colonia agro-pastorale. Di fatto una delle clausole del contratto obbligava i pastori a lasciare l’isola per andare a vivere nel territorio della vicina Nurra in appezzamenti di uguale valore di quelli posseduti sull’Asinara, che i due fratelli avrebbero dovuto acquistare a loro spese. Per fortuna la scellerata impresa dei Velixandre durò appena un anno. Quindi i pastori poterono rientrare e
l’isola nuovamente si popolò delle antiche famiglie, più volte elencate nel testo, molte delle quali daranno vita a Stintino. L’autore lo fa con giusto orgoglio, giacché tra queste si riconoscono i suoi antenanti. Come i precedenti suoi lavori intende ancora una volta non solo tramandare la memoria storica della collettività stintinese, ma anche suscitare in essa senso di dignità e spirito di collaborazione per la sua crescita umana, civile e religiosa.
Giancarlo Zichi
Direttore dell’Archivio Storico Diocesano di Sassari