I luoghi che non hanno memoria non sono luoghi vissuti, si sperdono nel niente e scompaiono per sempre.
Con una ormai collaudata veste editoriale Antonio Diana ci consegna questa sua quarta fatica stintinese, un insieme di scritti ampio e variegato, che trova le ragioni della sua eterogeneità in più di una motivazione. Da una parte la costante attenzione che l’autore riserva al patrimonio culturale materiale e immateriale di Stintino e del suo territorio con un approccio di riscoperta continua, volto al recupero di informazioni che altrimenti rischierebbero di scomparire; dall’altra la capacità di proporre una riflessione sul passato e sulle origini della comunità per lasciare alle generazioni future un’eredità di conoscenza e sapere, un “tesoretto” di “memoria collettiva”, quella che unisce tutti nella rievocazione storica di un mondo che è trascorso, inesorabilmente passato e che spesso cade vittima dell’oblio.
E così ecco che rivediamo Antonio Diana all’opera, nella costruzione del suo mosaico di memoria, selezionare, grazie anche a un notevole corredo iconografico, tessere preziose costituite da storie, leggende, documenti, appunto. Alcune racchiudono gli albori di Stintino, come nel primo capitolo dedicato alla nascita del toponimo o nel secondo nel quale si racconta la storia del servizio del Postale che tanta importanza ebbe nel rendere meno duro l’isolamento della comunità stintinese e, non a caso, il famoso pittore sassarese Giuseppe Biasi, alla fine degli anni ’30 durante un suo soggiorno a Stintino, immortalò l’imbarcazione del Postale dipingendola in un piccolo quadro ad olio, in cui si vede il barcone ormeggiato in mezzo alla calanca del porto vecchio con la prua verso il fondo dell’insenatura; o ancora il sesto, nel quale, l’autore, attraverso una ricerca nell’Archivio arcivescovile di Sassari, ha restituito i necrologi di alcuni asinaresi, i cui cognomi sono ancora oggi rappresentati nelle famiglie della comunità stintinese, a rafforzare il forte legame identitario con la mai dimenticata “madrepatria”; altre narrano avvenimenti importanti come la visita del Re d’Italia Vittorio Emanuele alla Tonnara Saline, nel 1921, per assistere a una mattanza (capitolo settimo) immortalata in una copertina de “La Domenica del Corriere” e in una iscrizione posta a ricordo dell’evento sulla facciata del Palazzotto della Tonnara Saline e purtroppo ora perduta. Altre ancora tratteggiano aspetti dell’economia del territorio, come la storia dell’industria del sale di Stintino, la cui importanza è stata spesso sottovalutata e le cui vicende sono state di recente oggetto di studio approfondito, rilevando che le saline del territorio, furono utilizzate già dal periodo romano e che il loro sfruttamento cessò nei primi anni del Novecento (capitolo terzo). Di particolare importanza per la conoscenza del territorio e la salvaguardia del patrimonio architettonico il capitolo quinto dedicato agli edifici di culto, con un catalogo delle chiese esistenti. La conoscenza del mare e delle sue coste e della pesca sono protagonisti rispettivamente dei capitoli quarto e ottavo, con la presentazione di un Portolano che descrive la parte nord-orientale dell’Asinara e con la descrizione della pesca con l’Inzinta, una tecnica tradizionale, utilizzata fino agli anni Cinquanta e che ormai quasi nessun pescatore ricorda più.
Il volume ospita al suo interno il contributo di Alberto Azzena, che tratteggia con arguzia e vivacità la figura dello zio Salvatore Azzena Mossa, personaggio di spicco nella Sassari di fine Ottocento, che si impegnò con entusiasmo affinché la neonata borgata di sfollati asinaresi mantenesse il toponimo storico e che fu sempre appassionato frequentatore del paese.
C’è nel progetto di ricostruzione del “tempo della memoria” di Antonio Diana la volontà di lasciare un segno nella propria comunità, al di là del suo ruolo di amministratore pubblico, al fine di riappropriarsi costantemente della propria identità e di quella della collettività di appartenenza. Collettività che Diana sembra voler indurre alla costante riflessione sulla memoria e sul significato di custodire, per la generazione dei nipoti, i ricordi sepolti di quella dei nonni.
Esmeralda Ughi