In questa sua seconda fatica Antonio Diana, scavando nella memoria di Stintino, pubblica interessanti documenti, alcuni inediti, che fanno parte del patrimonio dell’Archivio della Tonnara Saline, recentemente ricatalogati e digitalizzati.
Questi documenti permettono all’autore di riscrivere la storia del veliero Leopoldo I che fu catturato come un tonno nella Tonnara del Trabucato nel 1926, con tutte le ripercussioni, anche legali, che l’evento suscitò e con la “piena assoluzione” dell’operato della Ciurma della Tonnara, del Rais, e del Direttore, che in quegli anni aveva deciso di far calare la rete anche nell’Isola dell’Asinara.
Di particolare interesse è il codice cifrato della Tonnara, utilizzato per l’invio dei telegrammi, che serviva a redigere puntuali relazioni sull’andamento della pesca, inviate ai proprietari della Tonnara Saline (Bigio, Anfossi, Pretto) che grazie a queste informazioni potevano contrattare il prezzo della vendita del tonno sui mercati del continente.
La “chicca” di questo volume è sicuramente la proposta di un opuscolo scritto dallo storico direttore della Tonnara Saline, Antonio Penco nel 1949, il quale, alla fine della sua lunga carriera trascorsa nell’affascinante mondo dell’industria del tonno, volle fare un omaggio alla borgata di Stintino e ai tanti tonnarotti che avevano vissuto con lui questa esperienza. Penco descrisse il paese, la sua semplicità e povertà, la dignità e l’operosità degli Stintinesi; con scarsa lungimiranza ritenne il piccolo borgo inadatto a un futuro sviluppo turistico. Gli anni hanno clamorosamente smentito questa previsione.
Uno spaccato della vita degli esuli stintinesi nel “paradiso perduto”, viene proposto attraverso un articolo della Nuova Sardegna del 1955.
Continuando nella tradizione del primo volume, Antonio Diana ripropone una piccola storia, raccolta dai vecchi del paese, quasi una favola, ben illustrata in chiave fumettistica da Stefano Conconi, che racconta di un episodio delittuoso avvenuto all’Asinara ai danni dell’equipaggio di un veliero che attraccava sull’isola per barattare merci.
I trascorsi di pescatore dell’autore ritornano con la descrizione delle cale dell’Isola Piana e con l’indicazione di qualche posta di pesca, soprattutto per pescare calamari.
Questo interessante lavoro, arricchito da belle immagini d’epoca, contribuisce a ricostruire la memoria storica, antropologica e culturale di Stintino.
Salvatore Rubino
Presidente del Centro Studi sulla Civiltà del Mare di Stintino
Ho sempre apprezzato nel sindaco Antonio Diana il profondo amore per il suo paese, l’affetto sincero per i suoi compaesani e l’interesse per il territorio del comune ed i suoi abitanti. Mi commuove e mi emoziona il suo continuo lavoro per riportare alla luce ed all’attenzione di tutti la storia quotidiana degli asinaresi, quella degli abitanti di Stintino e delle contrade vicine, una storia che è ancora patrimonio dei vecchi e che tuttora è sepolta nelle case, nel territorio, negli archivi della tonnara, della chiesa e della Confraternita.
Egli è fermamente persuaso che senza il ricordo del passato una gente non possa andare avanti: essa è come un equipaggio, che naviga nella nebbia privo degli strumenti, che gli permettano di trovare la giusta direzione.
Eccolo allora immergersi nel lavoro di ricerca, pronto ad afferrare una parola, a rispolverare una fotografia, ad impossessarsi di una storia, a rivivere le ansie, le paure e le gioie dei suoi padri, a conservare gelosamente un reperto di un periodo oltremodo antico, a far capire ai giovani che la storia della loro famiglia è un eredità da custodie gelosamente.
Lo dimostra il suo approfondimento sulla celebrazione del ventennale dell’Autonomia, nel quale afferma che il ricoprire da parte del comune di Stintino un posto preminente nel Parco dell’Asinara diventa la cerniera tra il passato e il futuro e l’occasione per riprendere le proprie radici. Egli è fermamente convinto che soprattutto nell’animo dei giovani debbano rimanere vivi il ricordo e l’insegnamento di coloro che lottarono, perché Stintino fosse
un Comune Autonomo.
Dalla sua penna e dagli straordinari disegni di Stefano Conconi ecco emergere la storia dell’efferata uccisione di quattro marinai da parte di alcuni pastori asinaresi. La storia si sofferma sull’immagine di un fanciullo, che nel modo più naturale e spontaneo riesce a creare un legame con una natura semplice e poetica come quella dell’Asinara.
Dal mare tempestoso ecco emergere la vicenda del veliero Leopoldo I, che pare confondersi tra realtà ed immaginazione, se non fosse per la presenza di pagine autorevoli di coloro che vissero tale fatto.
Dopo il portolano dell’Isola Piana, ricco di annotazioni preziose ed a molti sconosciute, ecco le pagine più belle ed interessanti della pubblicazione: il paese di Stintino e la sua gente nel giudizio di coloro che vissero gran parte della loro vita a contatto con gli abitanti dell’esigua lingua di terra, i quali, dopo l’esodo dall’Asinara, riprendevano una nuova esistenza tra infinite difficoltà e tanti stenti. Antonio Penco, che per quasi cinquanta anni fu alla direzione delle tonnare Trabucato e Saline, ci offre un ritratto di Stintino e della sua gente, del quale gli stintinesi dovrebbero andare fieri, poiché è fatto da una persona, che visse con loro gli anni più difficili, che di loro apprezzò le capacità, l’operosità, l’intelligenza, l’ingegnosità, la cordialità, il senso dell’amicizia e dell’ospitalità, l’attaccamento alla famiglia, l’onorabilità, la generosità, l’abilità non solo nella pesca, ma in tutte le attività.
Da queste pagine viene fuori un immagine della tonnara, che nella sua complessità coinvolgeva tutta la popolazione del paese e del territorio circostante e che costituisce un argomento che certamente sarà approfondito da Antonio Diana.
Anche le pagine di Fabio Lumbau Falchi nel disegnare l’isola dell’Asinara come un piccolo paradiso terrestre non nascondono le difficoltà ed i problemi dei suoi abitanti e disegnano un mondo che nella sua arcaica semplicità richiama i poemi eroici. Ancora una volta grazie, stimatissimo sindaco, per aver dato a tutti, ed anche a me, che in parte mi considero uno stintinese, la possibilità di sognare le epoche passate in un momento in cui l’impietosa globalizzazione tenta di scardinare le radici di ciascun popolo.
Gianpietro Conconi